giovedì 23 novembre 2017

Dopo i referendum sull'autonomia, cosa?

Dopo i referendum sull’autonomia, cosa?

(Il Ticino, 17.11.2017)

A cosa sono serviti i referendum sull’autonomia regionale in Lombardia e Veneto dello scorso mese? Sono state spese inutilmente risorse pubbliche? Si potevano evitare, come in Emilia-Romagna, che ha domandato l’autonomia al governo senza consultare la popolazione?
Seppure sia calato il sipario dei grandi mass media, le novità degli ultimi giorni sembrano confermare le idee dei promotori del referendum: dopo l’amplissima vittoria del “sì”, il governo italiano ha deciso di avviare la trattativa per la concessione di maggiori autonomie ai sensi dell’art. 116, comma 3, della Costituzione. Al tavolo siede anche la stessa Emilia-Romagna, che nulla aveva ottenuto prima dei referendum di Lombardia e Veneto. E il governo, a mezzo del sottosegretario agli affari regionali, ha confermato l’intenzione di raggiungere le prime intese entro il termine della legislatura.
E’ solo un caso che le acque si siano mosse solo ora? No, non lo è. L’adesione popolare alla richiesta di maggiore autonomia, probabilmente, ha fatto comprendere come il tema stia a cuore a una vasta maggioranza dei cittadini delle grandi regioni del nord. In Lombardia il Consiglio regionale ha deliberato praticamente all’unanimità – opposizioni incluse, dunque – la scelta di dare seguito agli esiti del referendum. A fronte di ciò, e visto l’approssimarsi delle elezioni politiche, il governo non può permettersi di archiviare queste istanze.
Al di là delle strategie politiche, non va dimenticato che la richiesta di autonomia su materie quali il fisco, l’immigrazione, il mercato del lavoro, la sanità, l’istruzione, i beni culturali, è più che ragionevole. La Dottrina sociale della Chiesa ha tra i suoi principi cardine la sussidiarietà: alle istituzioni centrali occorre far ricorso solo quando i problemi non possano risolversi a un livello più vicino alle persone.
Ben vengano dunque maggiori poteri alle Regioni. L’autonomia attiva spirito di iniziativa e senso di responsabilità, e nulla ha a che vedere con le spinte indipendentiste di altre aree d’Europa. La cornice costituzionale entro cui essa si iscrive, inoltre, garantisce il giusto contemperamento tra le esigenze delle comunità locali e quelle della solidarietà a livello nazionale.
Marco Ferraresi

martedì 12 settembre 2017

Laici cattolici: a che punto siamo?

Laici cattolici: a che punto siamo?

(Il Ticino, 25 agosto 2017)

Noi laici cattolici abbiamo – va detto – la critica facile verso i nostri Pastori. Siamo spesso pronti a rilevarne errori e debolezze e, magari, a farne pubblicità con i social networks. Naturalmente, nella misura delle competenze possedute e del ruolo rivestito, è doveroso offrire alle gerarchie ecclesiastiche il proprio contributo, con retta intenzione di servire il bene della Chiesa (e non il prestigio individuale), che comprende senz’altro l’unità nella verità.

Tuttavia, non siamo altrettanto propensi all’esame di coscienza: eppure il laicato cattolico versa in una crisi preoccupante. Solo per fare alcuni esempi concreti, negli ultimi tempi abbiamo sentito celebri personalità invocare il distacco dei trattamenti vitali di Charlie Gard; richiedere l’approvazione del disegno di legge sull’eutanasia; giustificare l’introduzione del reato di omofobia; minimizzare il pericolo del gender, specie nelle scuole; sostenere lo ius soli senza adeguata riflessione, ecc.

Certo, ciascuno risponderà personalmente delle proprie esternazioni. Ma abbiamo anche delle responsabilità diffuse, che proverei a sintetizzare così. Anzitutto, non coltiviamo abbastanza, accanto al sapere tecnico relativo al nostro lavoro, lo studio della Sacra Scrittura e della Sacra Tradizione: particolarmente, della Dottrina sociale della Chiesa, che fa luce sulle sfide odierne. E questa impreparazione indebolisce, evidentemente, tutto il laicato cattolico.

Poi, per un malinteso rispetto umano – vorrei dire, per quieto vivere – ci asteniamo dalla correzione fraterna, e così lasciamo che l’errore si diffonda nei nostri gruppi laicali, siano essi parrocchiali o associativi.

Da ultimo, concentrandoci sulla dimensione orizzontale della fede – le relazioni umane, i rapporti istituzionali – trascuriamo di invocare con la preghiera, con la direzione spirituale e con la frequenza assidua dei Sacramenti, l’intelligenza e la forza di volontà di cui abbiamo assoluto bisogno per affrontare gli impegni del tempo presente.

Marco Ferraresi

venerdì 23 giugno 2017

Audio della conferenza di Mons. Luigi Negri a Pavia su Fatima e il nostro tempo

Qui il link audio della conferenza di Mons. Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara, tenutasi a Pavia, Istituto Maria Ausiliatrice, lo scorso 9 giugno, che ho avuto l'onore di poter introdurre. Era presente il Vescovo di Pavia Mons. Corrado Sanguineti

Fatima, giustizia e riparazione

Fatima, la giustizia e la riparazione

(da Il Ticino, 23 giugno 2017)

Mons. Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara, lo scorso 9 giugno ha tenuto presso l’Istituto Maria Ausiliatrice una conferenza sull’attualità del messaggio di Fatima, nel centenario delle apparizioni della Madonna. Era presente pure Mons. Corrado Sanguineti, che al Cuore Immacolato di Maria ha solennemente e pubblicamente consacrato il 13 maggio la nostra Diocesi.
Negri, tra le riflessioni, ha evidenziato il metodo educativo della Madonna a Fatima. Nostra Signora non ha nascosto l’inferno, con i suoi supplizi eterni, ai tre pastorelli pur bambini. Ben sapeva, ovviamente, che la visione li avrebbe profondamente turbati. Perché, dunque? Probabilmente per due principali motivi.
Anzitutto perché l’amore senza verità è, appunto, un falso amore. La dannazione, che essenzialmente consiste nell’eterna infelicità per la separazione definitiva da Dio, è una possibilità tremenda eppure reale. Fa parte del mistero della libertà dell’uomo e, contestualmente, della giustizia di Dio, che, pur disponibile al perdono, non può non punire il male. E’ l’amore veritiero di Maria, dunque, che ci spinge ad evitare il peccato per restare nella fedeltà a Dio Salvatore. E la Madonna a Fatima non ha esitato a dire che molte anime vanno all’inferno perché nessuno prega per loro.
Proprio questo è il secondo motivo della rivelazione della Madonna ai pastorelli. Ella li invitò a offrire preghiere, sacrifici e sofferenze per amore a Dio e in favore della salvezza dei peccatori, come piccoli intercessori che si uniscono all’unico Mediatore tra Dio e gli uomini.
Noi pure, ovviamente, dobbiamo avere a cuore la salvezza, non solo nostra, ma altrui. E siamo chiamati perciò a riparare alle offese inferte ai Cuori di Gesù e Maria, particolarmente quando perpetrate in forma pubblica, in spregio all’ordine divino e a scandalo dei più deboli e indifesi.
Ecco perché la Madonna a Fatima ha dettato quella preghiera che, forse, spesso diciamo senza adeguatamente meditare: “Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Tua misericordia”.
Marco Ferraresi

giovedì 4 maggio 2017

La legge sul fine vita è una legge sull'eutanasia

Mio commento alla proposta di legge sul fine vita, pubblicato su Il Ticino, 28 aprile 2017, p. 2

La legge sul “fine vita” è una legge sull’eutanasia

Il 20 aprile la Camera ha approvato la proposta di legge sul “fine vita”, che ora passa al Senato. Se approvata in via definitiva, introdurrebbe in Italia il diritto di morire; il diritto di essere aiutati a morire; il diritto di uccidere minori e incapaci di intendere e di volere. E’ per questo che, soprattutto in ambito cattolico, giuristi, medici ed associazioni stanno costantemente denunciando la deriva eutanasica dei lavori parlamentari.
Il testo della proposta di legge prevede infatti che la persona abbia, non solo il diritto di rifiutare cure e terapie, ma anche di interromperle, pure in caso di conseguenze letali. A fronte di ciò, al medico sarebbe impedito di compiere il proprio dovere professionale. Davanti per es. all’ordine del paziente di interrompere una terapia salvavita, il medico non potrebbe agire secondo scienza e coscienza, ma sarebbe obbligato ad obbedire per non incorrere in conseguenze civili e penali. In qualche caso, peraltro, per interrompere una terapia salvavita sarebbe costretto a un intervento, dunque a un atto di eutanasia attiva (o commissiva), come togliere una flebo contenente un farmaco necessario alla sopravvivenza.
Ma vi sono altre gravi novità. La scelta del rifiuto o della interruzione potrebbero stabilirsi anche attraverso disposizioni anticipate di trattamento (DAT). Il paziente potrebbe dunque vincolare il medico per il futuro, magari ad anni di distanza. Il medico potrebbe disattendere le DAT solo in casi particolari e comunque con il consenso del fiduciario del paziente.
Ancora, la proposta di legge considera alimentazione e idratazione artificiali alla stessa stregua di terapie mediche. Dunque, il paziente avrebbe diritto di rifiutarle e interromperle, cioè il diritto di morire di fame e di sete, cui il medico non potrebbe opporsi.
Quanto a minori e incapaci, la loro sorte sarebbe nelle mani di genitori, magari esasperati dal dolore, e rappresentanti legali. A questi spetterebbe infatti decidere, in definitiva, se rifiutare o interrompere cure, terapie, idratazione e alimentazione. Solo qualora il medico si opponesse, un giudice potrebbe essere investito della questione e della decisione sulla sorte del soggetto.
Marco Ferraresi

lunedì 17 aprile 2017

I volti della morte e la vittoria di Cristo: omelia del Vescovo di Pavia

Merita segnalazione l'omelia del Vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti, nel giorno di Pasqua. Qui il testo intero. Di seguito, un passaggio significativo:
"la morte ha altri volti, più nascosti, o più tollerati e giustificati, nella nostra cultura così povera di ragioni grandi per vivere e per sperare: ha il volto dei milioni di bambini che non sono nati, perché privati della loro vita ancora nel grembo; ha il volto di malati che, schiacciati dalla sofferenza e dalla disperazione, scelgono di farsi togliere una vita, divenuta per loro intollerabile, senza significato; ha il volto di donne, spesso povere, che per soldi prestano il loro grembo per ospitare una creatura che poi dovranno cedere ad altri; ha il volto di giovani e adolescenti che buttano via la loro esistenza, nelle notti di un divertimento artificiale, nell’alcool, nella droga, in una sessualità sempre più banale, svuotata di tenerezza, talvolta violenta.
Sì, carissimi fratelli e sorelle, c’è un duello drammatico tra la morte e la vita, tra il bene e il male, tra la speranza e il nulla, e a volte abbiamo l’impressione che la morte sia più forte, che il male faccia più impressione e presa. Eppure, proprio la risurrezione di Gesù irrompe come una luce che nessuna tenebra può soffocare: «Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa». Tutto sembrava finito e concluso nel silenzio di quella tomba, e invece, Cristo, attraversando fino in fondo il buio della sofferenza e della morte, ha aperto un varco alla Vita, ha spalancato per tutti noi la via alla risurrezione!"

Messa in riparazione dei peccati contro la vita umana

Mercoledì 19 aprile 2017, alle ore 18, nella Cappella del Policlinico S. Matteo, via Forlanini, Pavia, sarà celebrata una Santa Messa in riparazione dei peccati contro la vita umana. Qui la locandina

domenica 9 aprile 2017

Rassegna stampa sulla legge sul "fine vita"

Di seguito, il recente articolo sulla legge sul "fine vita" di Francesco D'Agostino, Presidente Unione Giuristi Cattolici Italiani. Sono quindi riportate prese di posizione sul tema di segno contrario, da parte mia e di altri commentatori:

Francesco D’Agostino, Presidente UGCI Nazionale e Presidente Emerito del Comitato Nazionale di Bioetica:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/non-tutto-eutanasia-la-storia-chiede-coraggio 

Mauro Ronco, Professore Ordinario di Diritto Penale presso l’Università degli Studi di Padova e Presidente del Centro Studi Livatino:
http://www.centrostudilivatino.it/appello-di-oltre-250-giuristi-sono-chiamate-disposizioni-anticipate-di-trattamento-la-sostanza-e-eutanasia/ 

Mario Melazzini, Medico, malato di Sla, Direttore Generale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa):
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-dignit-della-vita-di-fronte-alla-fine 

Filippo Maria Boscia, Presidente Associazione Medici Cattolici Italiani:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/per-buone-dat-c-lavoro-da-fare 

Marco Ferraresi, Consigliere Centrale UGCI e Presidente Unione Locale UGC Pavia:
http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-caro-d-agostino-sulle-dat-non-mi-rappresenti-19413.htm#.WOfAeNLyjc 

Giacomo Rocchi, Magistrato di Cassazione (prima sezione penale e sezioni unite penali):
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-ora-per-avvenire-va-bene-la-morte-di-eluana-englaro-19421.htm 

Gian Luigi Gigli, Neurologo, Deputato, Presidente del Movimento per la Vita:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-rischio-mortale-che-non-si-vuol-vedere 

Unione Giuristi Cattolici di Piacenza:
http://www.giuristicattolicipiacentini.it/materiali-25/comunicati-stampa/4-4-2017-ddl-dat.html 

Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste e Presidente dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan:
http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-crepaldi-datuna-leggeinaccettabile-19456.htm#.WOfJp9Lyjcs 

Riccardo Gotti Tedeschi, Avvocato:
http://formiche.net/2017/04/06/dat-cavallo-troia-si-chiama-eutanasia/ 

Intervista a Giovanni Zaninetta, ex Presidente Società Italiana di Cure Palliative:
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/zaninetta-le-cure-palliative-sono-altro 

Marta Moriconi, Intervista a Marco Ferraresi:
http://www.intelligonews.it/spiritualita/articoli/7-aprile-2017/59657/la-chiamano-dat-ma-e-eutanasia-per-il-prof-ferraresi-giuristi-cattolici/

Sandro Magister:
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/04/10/da-lovanio-a-roma-leutanasia-dei-principi-non-negoziabili/

Andrea Mainardi su Formiche:
http://formiche.net/2017/04/02/tutti-gli-ultimi-subbugli-tra-giuristi-cattolici-su-dat-eutanasia-e-biotestamento/

venerdì 7 aprile 2017

DAT? Più precisamente, eutanasia

Il mio commento alla intervista di Francesco D'Agostino sul fine vita è stato ripreso da vari interventi, di cui si darà rassegna. Di seguito, una intervista di Marta Moriconi al sottoscritto sul medesimo tema, pubblicata in data odierna su IntelligoNews:
http://www.intelligonews.it/spiritualita/articoli/7-aprile-2017/59657/la-chiamano-dat-ma-e-eutanasia-per-il-prof-ferraresi-giuristi-cattolici/

"La chiamano Dat" ma è eutanasia per il Prof. Ferraresi (Giuristi cattolici)
07 aprile 2017 ore 14:00, Marta Moriconi

La chiamano Dat, ma è eutanasia. E' questa in sostanza l'opinione di molti giuristi cattolici, anche se non tutti sono d'accordo. Lo dimostra il confronto che si è aperto, anche con toni piuttosto accesi, sull'ultimo intervento del Presidente dell’Unione giuristi cattolici (e presidente emerito del Comitato nazionale per la bioetica) Francesco D'Agostino pubblicato da Avvenire dal titolo: “Sulle Dat necessaria una buona legge. Non tutto è eutanasia. La storia chiede coraggio”. All'interno scrive: "La storia ci impone di avere coraggio, di abbandonare in parte (solo in piccola parte!) il vecchio paradigma della medicina ippocratica e di contribuire alla costruzione di un paradigma nuovo e molto più complesso. E chi perde gli appuntamenti con la storia sarà costretto, prima o poi, a pentirsene amaramente. Adesso serve il dibattito in merito alla legge sul consenso informato, sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e, più in generale, sul fine vita".
IntelligoNews ha deciso di aprire proprio una discussione sull'argomento, ospitando le opinioni di esperti e politici.
Oggi presentiamo il punto di vista di Marco Ferraresi, membro del Consiglio centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani e Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Pavia: "Con la legge sul fine vita - spiega - si consentirebbe la perdita definitiva della libertà”.

Professore, nella discussione della legge sul fine vita pare sia scoppiato il putiferio tra i Giuristi cattolici. E’ vero? 

"Il Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, Francesco D’Agostino, ha commentato su Avvenire in maniera essenzialmente positiva la proposta di legge sul fine vita. Ha affermato che essa non introdurrebbe alcuna forma di eutanasia e che, anzi, chi sostiene questa tesi forzerebbe l’interpretazione del testo. Io dissento".

La sua opinione dunque qual è?

"A mio avviso hanno ragione gli oltre 250 giuristi che hanno firmato l’appello del Centro Studi Livatino. La proposta di legge contiene evidenti disposizioni eutanasiche".

E quali sarebbero queste disposizioni?

"L’articolo 1 prevede il diritto del paziente di rifiutare o interrompere le terapie. E sono chiamate terapie anche l’idratazione e l’alimentazione artificiali. Il medico sarebbe obbligato ad eseguire la volontà del paziente o astenendosi dal salvarlo (eutanasia omissiva) o compiendo atti esecutivi, ad es. intervenendo per togliere una flebo alla persona in cura (eutanasia commissiva). L’articolo 2 prevede che, per i minori e gli incapaci, rifiuto e interruzione siano decisi dai genitori o tutori. Infine, l’articolo 3 obbligherebbe il medico ad attenersi al rifiuto o alla interruzione anche se espressi mediante le DAT, cioè “disposizioni” anticipate (e vincolanti) di trattamento. Disposizioni redatte in previsione di una eventuale futura malattia, magari a molti anni di distanza".

Ma queste norme non tutelerebbero meglio la libertà della persona?

"Direi piuttosto che queste norme consentirebbero di perdere definitivamente la libertà, insieme alla vita. Mentre il diritto italiano attuale protegge inderogabilmente la vita di un malato – anche con la punizione di reati come l’omicidio del consenziente o l’istigazione al suicidio – con questa legge la vita diventerebbe un bene relativo, rinunciabile. E il medico potrebbe essere obbligato a operare il contrario di quanto la sua professione esige, cioè salvare la vita del paziente, prendersi cura del malato. Si osservi a tal proposito che non è prevista l’obiezione di coscienza. Quanto ai minori e agli incapaci, la loro vita sarebbe nelle mani dei rappresentanti legali. Ben oltre, dunque, la stessa sbandierata “autodeterminazione”.

Secondo lei c’è contraddizione tra le parole di D’Agostino e quelle del Presidente della CEI, Angelo Bagnasco?

"D’Agostino parla da giurista, Mons. Bagnasco come Pastore della Chiesa. Hanno dunque un approccio diverso. Però mi pare che le rispettive valutazioni della proposta di legge siano di segno diverso. Al di là di ciò – questo soprattutto mi preme – ritengo che i giuristi cattolici debbano opporsi senza ambiguità a leggi che introducano il “diritto” di darsi e di dare la morte e di pretendere, in ciò, l’altrui collaborazione. Il quinto comandamento, “non uccidere”, non può essere abrogato da nessuna autorità umana".

venerdì 31 marzo 2017

Risposta a D'Agostino, che sul fine vita sbaglia

Dissento radicalmente dal commento di Francesco D'Agostino, Presidente nazionale UGCI, in tema di fine vita, pubblicato su Avvenire del 30.3.2017. Di seguito, la mia risposta, pubblicata su La Nuova Bussola Quotidiana, qui:

Caro D'Agostino, sulle Dat non mi rappresenti
Marco Ferraresi*
31-03-2017

In un articolo pubblicato su Avvenire il 30 marzo, il Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, Francesco D’Agostino, ritiene che la proposta di legge sul fine vita “non è in alcun modo finalizzata a introdurre in Italia una normativa che legalizzi l’eutanasia”. Chi ritiene il contrario leggerebbe il testo “in modo forzato”, analogamente a quanto farebbe un interprete “subdolo e malevolo”.

Quale membro del Consiglio centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani mi dissocio dalle considerazioni del Presidente, che dimostra a mio avviso di non aver compreso il testo della proposta di legge. Esso introdurrebbe, eccome, l’eutanasia nel nostro ordinamento. Lo argomenta bene l’appello del Centro Studi Livatino firmato da oltre 250 giuristi. Tra i profili critici delle riflessioni di D’Agostino, ne sottolineo tre.

In primo luogo, la proposta di legge snatura la professione medica, conferendo al paziente un potere sulle determinazioni del medico: il testo della proposta infatti prevede il diritto del paziente di dettare “disposizioni” di trattamento, che il professionista sarebbe obbligato ad eseguire.

In secondo luogo, il testo in discussione alla Camera prevede sì alcuni limiti alla volontà del paziente (la non contrarietà a norme legali, alla deontologia e alle buone prassi clinico-assistenziali). Ma questi limiti – a parte la loro genericità e dunque manipolabilità in sede giudiziale – sono contemplati unicamente per la richiesta positiva di applicazione di trattamenti sanitari. Al contrario, i limiti non operano con riguardo, in negativo, al “diritto” del paziente di rifiutare o interrompere le terapie e finanche l’idratazione e l’alimentazione artificiali (si v. gli artt. 1, comma 7, e 3, comma 4), queste ultime considerate tout court delle terapie. Con la conseguenza che il medico potrebbe essere costretto dal paziente ad atti eutanasici anche commissivi (per es. togliere una flebo contenente un antibiotico di rilievo vitale).

In terzo luogo, l’articolo di D’Agostino tace su altri profili gravi del testo in discussione, come l’eutanasia di minori e incapaci, decidibile dai genitori e tutori, a meno che un medico non si opponga e il giudice dia ragione al medico (cfr. art. 2).

Che proprio il Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani si esprima in questo modo su punti così delicati, che ineriscono al diritto alla vita e al comandamento di non uccidere, non può che suscitare dolore e sconcerto.

* Consigliere centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani
   Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Pavia

sabato 25 marzo 2017

Verità per Pio XII (a proposito dell'opera "Il Vicario")

Articolo pubblicato su Il Ticino, nella rubrica dell'Unione Giuristi Cattolici di Pavia "Beato Contardo Ferrini"

VERITÀ PER PIO XII

Tra le idee maliziose astutamente suggerite e le mezze verità ben manipolate che hanno il potere di attecchire pervicacemente nelle menti di molti, trasformandosi in veri e propri “miti” della cultura contemporanea, figura, da molti anni, quella secondo cui Papa Pio XII non si sarebbe opposto in alcun modo agli orrori della Shoah. Nulla di più falso.
L’otto giugno del 1963, Mons. Giovanni Battista Montini inviò alla rivista britannica The Tablet una lettera (consultabile all’indirizzo http://www.lovatti.eu/st/montini.htm) in cui si complimentava col direttore per la difesa della verità storica «dei fatti, della logica, anzi del buon senso», contro le teorie mistificatorie messe in scena dal dramma teatrale Der Stellvertreter (Il Vicario).
In questa pièce, lo scrittore tedesco Hochhuth aveva inteso denunciare l’inattività con cui, a suo parere, Pio XII aveva risposto al massacro degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Chiara la presa di posizione di Montini, il quale concluse che «non si gioca con questi argomenti e con i personaggi storici che conosciamo con la fantasia creatrice di artisti di teatro, non abbastanza dotati di discernimento storico e, Dio non voglia, di onestà umana. Perché altrimenti, nel caso presente, il dramma vero sarebbe un altro: quello di colui che tenta di scaricare sopra un Papa […] gli orribili crimini del Nazismo tedesco».
A queste parole potrebbero accostarsi le innumerevoli dichiarazioni d’amicizia e ringraziamento che giunsero a Pio XII subito dopo la guerra da parte di migliaia di ebrei scampati alla morte grazie ad un suo intervento, diretto o indiretto; si potrebbero citare i moltissimi saggi storici (Graham, Rhodes, Spiazzi) che spazzano via in un sol colpo le pseudo-teorie di chi vorrebbe un papa Pacelli prono ai diktat nazi-fascisti, arrendevole nell’opposizione al male, pavido innanzi al pericolo; si potrebbe rammentare un recentissimo paper (McGoldrick, 2012) in cui si dimostra come lo sforzo del pontefice contro le potenze dell’Asse giungesse financo a disporre investimenti nelle industrie manifatturiere statunitensi.
Spiace constatare come molti teatri (tra i quali il Fraschini di Pavia e il Dell’Elfo a Milano) abbiano recentemente deciso di riproporre al vasto pubblico questa rappresentazione teatrale calunniosa e storiograficamente poverissima, associando così il proprio benemerito nome alla schiera dei propalatori di menzogne e sovvertitori della verità.

Giacomo Alberto Donati

giovedì 2 marzo 2017

Legge sul "fine vita". Comunicato Unione Giuristi Cattolici di Pavia "Beato Contardo Ferrini"

Comunicato sulla proposta di legge in tema di “fine vita”

La proposta di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, in discussione alla Camera, introdurrebbe, secondo il testo attuale, l'eutanasia nel nostro ordinamento pur senza menzionarla espressamente.
Costringerebbe il medico - per il quale non si prevede l'obiezione di coscienza - non solo a interrompere ogni terapia su richiesta attuale del paziente, ricomprendendo indebitamente tra le terapie pure l'alimentazione e l'idratazione artificiali (con le relative, letali conseguenze).
Ma vincolerebbe il medico stesso a dare esecuzione, anche quando vi consegua la morte, a disposizioni anticipate di trattamento del paziente per i casi di eventuale futura incapacità di questo.
Tali disposizioni potrebbero ritorcersi peraltro contro l’attuale volontà del paziente medesimo. E ciò sia perché è impossibile prevedere il proprio stato d'animo - e dunque le scelte che verrebbero effettuate - in una successiva fase di malattia; sia perché si rischierebbe la soppressione di pazienti con possibilità di ripresa e magari solo apparentemente incoscienti (come dimostra ad es. la vicenda di Massimiliano Tresoldi).
Si invitano pertanto i parlamentari a ritirare senza indugio il testo, per non rendersi responsabili, di fronte a Dio e agli uomini, di una grave colpa morale.

Unione Giuristi Cattolici di Pavia "Beato Contardo Ferrini"
Pavia, 2 marzo 2017

Non esiste un diritto a morire. Omelia di Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia

Qui il testo integrale dell'omelia di S.E. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia, alla Messa del Mercoledì delle Ceneri dell'1 marzo 2017. Di seguito, un passaggio toccante in ordine alla vicenda del dj Fabiano.

"Tra poco riceveremo le Ceneri, e mentre chineremo il capo, il ministro ci potrà rivolgere una di queste parole della Scrittura: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» (cfr. Gen 3,19); «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Sono due parole che vanno tenute insieme e che ci donano la luce di cui abbiamo tremendamente bisogno in queste ore, nelle quali assistiamo sgomenti e feriti da uno spettacolo triste. La scelta di un uomo, nostro fratello, che ha rinunciato a vivere, perché riteneva ormai assurda e insopportabile la sua condizione di disabilità e di dolore, invece di essere circondata dal silenzio, che si ferma sulla soglia di ogni umana coscienza, e di essere vissuta come una sconfitta per tutti, è diventata l’occasione di una campagna senza rispetto per promuovere la libertà di morire, di togliersi la vita! Come un diritto assoluto, estremo gesto della libertà, che uno Stato laico dovrebbe riconoscere! Una libertà per la morte: che tristezza! Una solitudine che non trova luce e speranza in niente e nessuno: che tragedia! E nel chiasso mediatico di intellettuali, politici e giornalisti, dimentichiamo la prima evidenza: che la vita non è nostra, non ci appartiene, non è un nostro diritto, ma un dono, grande, magnifico, fragile e talvolta segnata da profonde ferite, da sofferenze immense, sofferenze che chiedono condivisione, cura, una vera pietas ricca di rispetto, di tremore e di sollecitudine".

giovedì 23 febbraio 2017

Convegno sull'obiezione di coscienza al Borromeo

Venerdì 24.2.2017, alle ore 15, presento il convegno "Obiezione di coscienza: diritto fondamentale o concessione del legislatore?". Relatori: Prof. don Giovanni Lodigiani e Dott. Giacomo Rocchi. Si terrà all'Almo Collegio Borromeo di Pavia. Qui il programma

Unioni civili e obiezione di coscienza

Articolo pubblicato su Il Ticino del 17.2.2017

Unioni civili e obiezione di coscienza
I decreti attuativi della legge sulle unioni civili, in vigore dall’11 febbraio, lasciano intatto il problema dell’obiezione di coscienza di chi volesse rifiutarsi di cooperare al compimento di atti in grave contrasto con la legge naturale. Questa riprova infatti le unioni omosessuali perché intrinsecamente disordinate (e perciò mai approvabili), come ricorda anche il Catechismo della Chiesa cattolica. E’ questione che concerne in particolar modo i sindaci, quali ufficiali dello stato civile.
E’ ben vero che il sindaco può delegare altri soggetti a costituire una unione civile. Restano infatti in vigore, a tal fine, le norme di cui al d.p.r. n. 396/2000 sull’ordinamento dello stato civile. Ma l’esercizio della delega costituisce pur sempre una forma di cooperazione all’atto destinato a essere compiuto dal delegato. Infatti, senza delega il delegato non potrebbe compiere l’atto. In breve, la scelta di delegare altri soggetti non toglie la responsabilità morale del delegante.
In assenza di una disposizione che consenta l’obiezione di coscienza, se un sindaco si rifiutasse di costituire una unione civile e, altresì, di delegare altri soggetti, potrebbe essere chiamato a rispondere del rifiuto di atti del proprio ufficio. Per non violare la propria coscienza, in sostanza, egli dovrebbe dimettersi o subire le conseguenze pregiudizievoli di detto rifiuto. In questo secondo caso, potrebbe però sollecitare l’autorità giudiziaria a sollevare una questione di legittimità costituzionale. Perché, ha affermato la Corte costituzionale con sentenza n. 467/1991, “la protezione della coscienza individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all'uomo come singolo, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione”.
E se ciò fu sancito per l’obiezione di coscienza al servizio militare, non si vede perché non debba valere pure per la difesa della famiglia, “società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29 della Costituzione).
Marco Ferraresi, Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pavia “Beato Contardo Ferrini”

giovedì 26 gennaio 2017

Per un 2017 più "giusto"

Articolo pubblicato su L'Araldo Lomellino (settimanale diocesano di Vigevano) del 13.1.17, p. 9

Per un 2017 più “giusto”

Il 2016 ci ha consegnato una pesante eredità sui temi etico-giuridici fondamentali, che stanno a cuore non solo ai cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà.
Per limitarci all’Italia, è stato l’anno delle unioni civili, sostanzialmente equiparate al matrimonio, e delle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Si tratta di un attacco frontale, non solo al buon senso, ma pure al chiaro dettato costituzionale, che concepisce la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Nelle scuole si fanno largo progetti “educativi” ispirati all’ideologia di genere (più volte condannata da Papa Francesco), che svilisce la differenza sessuale sino a ritenerla una mera costruzione sociale, liberamente disponibile dall’individuo. Sul versante della protezione della vita umana, a essere ora sotto attacco è particolarmente il diritto degli operatori sanitari a non cooperare a soluzioni abortive in qualunque forma. Ma tendenze di questo tipo si registrano, oltre che in Italia, un po’ ovunque negli stati “occidentali”.
Il 2016 ci lascia tuttavia anche qualche seme di speranza. La Brexit suona come uno schiaffo all’Unione europea, che non considera le persone e le famiglie se non in una prospettiva economica, commerciale, relativista. La sconfitta della Clinton, abortista convinta, e la vittoria di Trump, che si proclama pro-life, ci dicono che i temi etici sono diventati cruciali nelle campagne elettorali. Nel “no” al referendum costituzionale italiano vi è l’indubbio contributo del Family Day (e per questo la nomina a Ministro dell’Istruzione di Valeria Fedeli, sostenitrice della prospettiva di genere, suona come una vendetta contro il Comitato Famiglie per il No).
Se tali esiti politici si sono verificati, è anche perché nella società civile si percepisce un mutamento di umore. Forse si affaccia la consapevolezza che, tolto di mezzo l’orizzonte dei valori cristiani, la società finisce per essere regolata da non da una legge più giusta e umana, ma semplicemente dalla legge del più forte.
Marco Ferraresi, Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pavia “Beato Contardo Ferrini”