(Il Ticino, 17.11.2017)
A cosa sono serviti i referendum sull’autonomia regionale in Lombardia e Veneto dello scorso mese? Sono state spese inutilmente risorse pubbliche? Si potevano evitare, come in Emilia-Romagna, che ha domandato l’autonomia al governo senza consultare la popolazione?
Seppure sia calato il sipario dei grandi mass media, le novità degli ultimi giorni sembrano confermare le idee dei promotori del referendum: dopo l’amplissima vittoria del “sì”, il governo italiano ha deciso di avviare la trattativa per la concessione di maggiori autonomie ai sensi dell’art. 116, comma 3, della Costituzione. Al tavolo siede anche la stessa Emilia-Romagna, che nulla aveva ottenuto prima dei referendum di Lombardia e Veneto. E il governo, a mezzo del sottosegretario agli affari regionali, ha confermato l’intenzione di raggiungere le prime intese entro il termine della legislatura.
E’ solo un caso che le acque si siano mosse solo ora? No, non lo è. L’adesione popolare alla richiesta di maggiore autonomia, probabilmente, ha fatto comprendere come il tema stia a cuore a una vasta maggioranza dei cittadini delle grandi regioni del nord. In Lombardia il Consiglio regionale ha deliberato praticamente all’unanimità – opposizioni incluse, dunque – la scelta di dare seguito agli esiti del referendum. A fronte di ciò, e visto l’approssimarsi delle elezioni politiche, il governo non può permettersi di archiviare queste istanze.
Al di là delle strategie politiche, non va dimenticato che la richiesta di autonomia su materie quali il fisco, l’immigrazione, il mercato del lavoro, la sanità, l’istruzione, i beni culturali, è più che ragionevole. La Dottrina sociale della Chiesa ha tra i suoi principi cardine la sussidiarietà: alle istituzioni centrali occorre far ricorso solo quando i problemi non possano risolversi a un livello più vicino alle persone.
Ben vengano dunque maggiori poteri alle Regioni. L’autonomia attiva spirito di iniziativa e senso di responsabilità, e nulla ha a che vedere con le spinte indipendentiste di altre aree d’Europa. La cornice costituzionale entro cui essa si iscrive, inoltre, garantisce il giusto contemperamento tra le esigenze delle comunità locali e quelle della solidarietà a livello nazionale.
Marco Ferraresi