Laici cattolici: a che punto siamo?
(Il Ticino, 25 agosto 2017)
Noi laici cattolici abbiamo – va detto – la critica facile verso i nostri Pastori. Siamo spesso pronti a rilevarne errori e debolezze e, magari, a farne pubblicità con i social networks. Naturalmente, nella misura delle competenze possedute e del ruolo rivestito, è doveroso offrire alle gerarchie ecclesiastiche il proprio contributo, con retta intenzione di servire il bene della Chiesa (e non il prestigio individuale), che comprende senz’altro l’unità nella verità.
Tuttavia, non siamo altrettanto propensi all’esame di coscienza: eppure il laicato cattolico versa in una crisi preoccupante. Solo per fare alcuni esempi concreti, negli ultimi tempi abbiamo sentito celebri personalità invocare il distacco dei trattamenti vitali di Charlie Gard; richiedere l’approvazione del disegno di legge sull’eutanasia; giustificare l’introduzione del reato di omofobia; minimizzare il pericolo del gender, specie nelle scuole; sostenere lo ius soli senza adeguata riflessione, ecc.
Certo, ciascuno risponderà personalmente delle proprie esternazioni. Ma abbiamo anche delle responsabilità diffuse, che proverei a sintetizzare così. Anzitutto, non coltiviamo abbastanza, accanto al sapere tecnico relativo al nostro lavoro, lo studio della Sacra Scrittura e della Sacra Tradizione: particolarmente, della Dottrina sociale della Chiesa, che fa luce sulle sfide odierne. E questa impreparazione indebolisce, evidentemente, tutto il laicato cattolico.
Poi, per un malinteso rispetto umano – vorrei dire, per quieto vivere – ci asteniamo dalla correzione fraterna, e così lasciamo che l’errore si diffonda nei nostri gruppi laicali, siano essi parrocchiali o associativi.
Da ultimo, concentrandoci sulla dimensione orizzontale della fede – le relazioni umane, i rapporti istituzionali – trascuriamo di invocare con la preghiera, con la direzione spirituale e con la frequenza assidua dei Sacramenti, l’intelligenza e la forza di volontà di cui abbiamo assoluto bisogno per affrontare gli impegni del tempo presente.
Marco Ferraresi