La dottrina della Chiesa sulla illiceità morale del ricorso alla procreazione medicalmente assistita (attraverso fecondazione in vitro o altre nuove tecniche) è da considerarsi ormai Magistero definitivo della Chiesa cattolica? Se sì, allora questa dottrina, anche se non solennemente proclamata, è de fide tenenda. Pertanto chi la negasse "assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professione di Fede», 1998).
Se no, certo non significherebbe comunque che la Chiesa stia sbagliando sul punto (a questo Magistero detto ordinario appartengono "tutti quegli insegnamenti — in materia di fede o morale —presentati come veri o almeno come sicuri, anche se non sono stati definiti con giudizio solenne né proposti come definitivi dal magistero ordinario e universale": dalla Nota citata).
Resterebbe comunque Magistero autentico al quale il fedele deve l'ossequio religioso della volontà e dell'intelletto: "La proposizione contraria a tali dottrine può essere qualificata rispettivamente come erronea oppure, nel caso degli insegnamenti di ordine prudenziale, come temeraria o pericolosa e quindi tuto doceri non potest" (Dalla Nota citata).
Non sono un teologo, però la mia impressione è che sia Magistero definitivo e questo perché:
1. L'insegnamento, anche se recente (perché relativamente recenti sono le tecniche di p.m.a.), è costante in tutti i documenti e gli interventi del Magistero.
2. Il tenore dei documenti è sicuro, deciso, perentorio.
3. Si tratta di sviluppo immediato della tradizionale dottrina della Chiesa sul rispetto della natura dell'atto coniugale e della vita umana nascente.