giovedì 23 febbraio 2017
Convegno sull'obiezione di coscienza al Borromeo
Venerdì 24.2.2017, alle ore 15, presento il convegno "Obiezione di coscienza: diritto fondamentale o concessione del legislatore?". Relatori: Prof. don Giovanni Lodigiani e Dott. Giacomo Rocchi. Si terrà all'Almo Collegio Borromeo di Pavia. Qui il programma
Unioni civili e obiezione di coscienza
Articolo pubblicato su Il Ticino del 17.2.2017
Unioni civili e obiezione di coscienza
I decreti attuativi della legge sulle unioni civili, in vigore dall’11 febbraio, lasciano intatto il problema dell’obiezione di coscienza di chi volesse rifiutarsi di cooperare al compimento di atti in grave contrasto con la legge naturale. Questa riprova infatti le unioni omosessuali perché intrinsecamente disordinate (e perciò mai approvabili), come ricorda anche il Catechismo della Chiesa cattolica. E’ questione che concerne in particolar modo i sindaci, quali ufficiali dello stato civile.
E’ ben vero che il sindaco può delegare altri soggetti a costituire una unione civile. Restano infatti in vigore, a tal fine, le norme di cui al d.p.r. n. 396/2000 sull’ordinamento dello stato civile. Ma l’esercizio della delega costituisce pur sempre una forma di cooperazione all’atto destinato a essere compiuto dal delegato. Infatti, senza delega il delegato non potrebbe compiere l’atto. In breve, la scelta di delegare altri soggetti non toglie la responsabilità morale del delegante.
In assenza di una disposizione che consenta l’obiezione di coscienza, se un sindaco si rifiutasse di costituire una unione civile e, altresì, di delegare altri soggetti, potrebbe essere chiamato a rispondere del rifiuto di atti del proprio ufficio. Per non violare la propria coscienza, in sostanza, egli dovrebbe dimettersi o subire le conseguenze pregiudizievoli di detto rifiuto. In questo secondo caso, potrebbe però sollecitare l’autorità giudiziaria a sollevare una questione di legittimità costituzionale. Perché, ha affermato la Corte costituzionale con sentenza n. 467/1991, “la protezione della coscienza individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all'uomo come singolo, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione”.
E se ciò fu sancito per l’obiezione di coscienza al servizio militare, non si vede perché non debba valere pure per la difesa della famiglia, “società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29 della Costituzione).
Marco Ferraresi, Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pavia “Beato Contardo Ferrini”
Unioni civili e obiezione di coscienza
I decreti attuativi della legge sulle unioni civili, in vigore dall’11 febbraio, lasciano intatto il problema dell’obiezione di coscienza di chi volesse rifiutarsi di cooperare al compimento di atti in grave contrasto con la legge naturale. Questa riprova infatti le unioni omosessuali perché intrinsecamente disordinate (e perciò mai approvabili), come ricorda anche il Catechismo della Chiesa cattolica. E’ questione che concerne in particolar modo i sindaci, quali ufficiali dello stato civile.
E’ ben vero che il sindaco può delegare altri soggetti a costituire una unione civile. Restano infatti in vigore, a tal fine, le norme di cui al d.p.r. n. 396/2000 sull’ordinamento dello stato civile. Ma l’esercizio della delega costituisce pur sempre una forma di cooperazione all’atto destinato a essere compiuto dal delegato. Infatti, senza delega il delegato non potrebbe compiere l’atto. In breve, la scelta di delegare altri soggetti non toglie la responsabilità morale del delegante.
In assenza di una disposizione che consenta l’obiezione di coscienza, se un sindaco si rifiutasse di costituire una unione civile e, altresì, di delegare altri soggetti, potrebbe essere chiamato a rispondere del rifiuto di atti del proprio ufficio. Per non violare la propria coscienza, in sostanza, egli dovrebbe dimettersi o subire le conseguenze pregiudizievoli di detto rifiuto. In questo secondo caso, potrebbe però sollecitare l’autorità giudiziaria a sollevare una questione di legittimità costituzionale. Perché, ha affermato la Corte costituzionale con sentenza n. 467/1991, “la protezione della coscienza individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all'uomo come singolo, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione”.
E se ciò fu sancito per l’obiezione di coscienza al servizio militare, non si vede perché non debba valere pure per la difesa della famiglia, “società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29 della Costituzione).
Marco Ferraresi, Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pavia “Beato Contardo Ferrini”
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